Практический курс итальянского языка. Продвинутый этап обучения - стр. 16
Avere contro di sé l'Europa intera. Essere solo, povero e senza diritti; e cionondimeno smuovere le nazioni, improvvisare uomini, trovare milioni, sollevare il mondo con una parola; e questo senz'abilità, senza cospirazione, senza mistero: soltanto mostrandosi a tutti, con gli occhi fissi ed il dito teso verso la meta sognata; poi partire con un pugno d'uomini, e con questo pugno d'uomini dichiarare guerra a un sovrano che aveva centinaia di vascelli e 80.000 soldati. Denunciato, sorvegliato dappertutto, sfuggire scivolando tra squadre formidabili; piombare all'improvviso sul punto meglio difeso della costa, davanti a due navi da guerra che avrebbero potuto mandare in rovina la sua spedizione con una ventina di scariche; poi, in quindici giorni rovesciare 30.000 uomini e conquistare la Sicilia.
Infine, dopo tre mesi di attesa e di riposo, saltare d'un balzo su di una piazzaforte e, in diciassette giorni, marciando diritto davanti a sé senza deviare un passo, conquistare un regno, abolire l'opera di un secolo, e mostrare al mondo stupefatto, nei nostri tempi di moderazione di diplomazia, un'avventura più singolare, più meravigliosa delle antiche conquiste dei Normanni. Essere un corsaro sconfessato dal proprio re, e dare a questo re con un tratto di penna un centinaio di navi e dieci milioni di uomini.
Visto dallo storico francese contemporaneo
G. Bandi. Garibaldi
46. Leggere, tradurre in russo e riassumere il seguente testo:
G. Bandi. Garibaldi
Ormai, cominciava anche lui (Garibaldi) ad accorgersi che noi non eravamo più se non ospiti importuni, colà dove pochi giorni innanzi fummo soli di fronte al nemico e soli a gridare al mondo che non c'erano più due Italie, ma una sola Italia, un solo popolo ed un cuore.
L'esercito regolare ci guardava tutt'altro che con occhio di simpatia; le nostre lacere camicie rosse parevano fare orrore ai generali carichi d'argento, per i quali noi eravamo se noi fortunati scorridori, usurpanti il nome e le insegne della vera e buona milizia.
In quei giorni ci fu detto che re Vittorio sarebbe venuto a vederci; infatti, stemmo una mezza giornata intera sotto le armi e schierati in quell'ordine che si potè migliorare, per aspettare la visita del re d'Italia; ma la sera tornammo agli alloggiamenti senza che il re ci avesse visti.
Ben è certo che il re aveva fisso di venire a farci una visita, e ci sarebbe venuto veramente, se certi gran sapientoni che aveva d'intorno, non gli avessero dimostrata la sconvenienza di quella visita, facendogli chiaro che non era degno di un re il percorrere a cavallo le file di quei nuovi sans culottes, e di far loro festa, quasi che fossero soldati suoi.
Garibaldi si afflisse non mediocremente di questo fatto, ma non ne accagionò mai il re; anzi, disse ripetute volte: «Povero re, vedete che cosa gli fanno fare!»
Ma la più grande e amara delusione che ebbe, fu quella che veder dileguato il suo bel sogno dell'affratellamento delle camicie rosse con i cappotti turchini per seguitare la guerra.
Con riduzioni dalle memorie del garibaldino G. Bandi
M.Mormier. Il plebiscito
47. Leggere, tradurre in russo e riassumere il seguente testo:
M.Mormier. Il plebiscito
Lo storico francese M. Mormier, che si trovava a Napoli in quei giorni, descrive con entusiasmo la giornata del plebiscito