Практический курс итальянского языка. Продвинутый этап обучения - стр. 47
L'autista sentiva una vena di rimorso incrinare la soddisfazione del guadagno che stava facendo, come se si fosse fatto complice di una specie di ratto delle sabine, misteriosamente tramato da un uomo del nord, uno svizzero tedesco oltre tutto. Non gli piaceva che lo svizzero si portasse via le ragazze, ma interveniva a raccomandare chi stesse per essere scartata. Passò così una settimana; una decina di paesi, un centinaio di ragazze reclutate; tutto tranquillo, tutto liscio. E venne il giorno che il signor Blaser aveva destinato a V., paese isolato dentro un vasto territorio arido, paese di feudi e di mafia tutta rigogliosa.
Quando giunsero al centro del paese, all'autista che stava chiudendo la macchina, si avvicinò un giovane. Salutò evidentemente intimidito e impacciato, e chiese se non gli potesse fare un favore.
– Si tratta di una ragazza che vuole andare in Svizzera a lavorare.. Non voglio che ci vada… Non voglio che la prendano, ecco… Io non voglio… Ci dobbiamo sposare, lei mi capisce… Mi aiuti, la prego.
– E va bene, – rispose autista, – mi ci provo, ma non è detto che ci riesca e tu non contare che le mie parole valgano (ed era passato a dargli del tu, tanto gli faceva pena il giovane): quello è uno svizzero, svizzero tedesco. Lo sai come sono precisi gli svizzeri? Fanno gli orologi e come gli orologi camminano… E i tedeschi poi, meglio non parlarne, hanno teste dure come pietre…
In sacrestia il signor Blaser aveva già tirato fuori le sue cose e le disponeva sul lungo tavolo come se fossero strumenti chirurgici, con attenzione, con delicatezza: e davvero pareva che si stesse preparando a fare una tetra operazione chirurgica о di tortura. Le ragazze guardavano le mani del signor Blaser come affascinate.
Dalla porta l'autista ruppe quell'atmosfera di torbida ansietà gridando:
– Signor Blaser permette che le dica una parola?
Il signor Blaser si voltò sorpreso, quasi indignato, gli occhi più del solito gelidi. L'autista gli fece, con l'indice della destra, segno che si avvicinasse.
– Sa che cos' è la mafia?
– Me ne infischio – disse sillabando a stento, il signor Blaser.
– Io no – disse l'autista – e se vuole che le dia un consiglio da fratello, ci pensi mille volte prima di dire «me ne infischio». Tra l'infischiarsene e il non infischiarsene c'è la differenza che passa tra il morire e il campare.
– Non capisco – disse il signor Blaser che proprio in quel momento cominciava a capire qualcosa.
– E dunque è meglio che si lasci consigliare – disse l'autista. – C'è tra queste una ragazza che lei non deve prendere: si chiama Rosalia Calaciura.
– Non debbo prenderla?
– Si, scartare subito e basta, non buona.
– E basta?
– E basta – l'autista mostrò il pugno chiuso, aprì a squadra l'indice e il pollice, per tre volte fece cadere sull'indice, come il cane di fucile… pam pam pam a noi, a me, a lei… Ci fanno fuori.
– Chi?
_ L'innamorato, quello che non vuole che la ragazza parta.
– Ah – fece il signor Blaser voltandogli le spalle.
– La prende – pensò l'autista – com'è vero Dio, la prende. Ma se
fossi al posto di quel poveretto che aspetta fuori, una lezione, gliela darei.
Era cominciato l'esame. L'autista si fece attento per vedere chi, tra quelle ragazze, fosse Rosalia Calaciula. Rosalia non era bella: a guardarla bene, attentamente, poteva magari apparire graziosa; bella non di certo. Era piccola bruna. E nell'esame fu tra le più svelte.